Bollettino #29

Bollettino #29

Sogno la guerra. Scene senza combattimenti, ma piene di dolore, di ferite. Intorno è tutto gelato: una distesa interrotta solo da spuntoni di roccia su cui qualcuno si appoggia piano, per non più rialzasi. Abbiamo percorso centinaia di chilometri ma non possiamo dormire. Stiamo muovendoci senza un pensiero nella testa, ubriachi di stenti e di freddo, stremati. Camminiamo ronzando dentro silenzi gutturali, nella neve e nel ghiaccio, con stivali che non aderiscono e che trasformano piedi e gambe in corpi estranei, pesantissimi da trascinare. Abbiamo ucciso e siamo stati uccisi. Addosso portiamo divise lacere ed inadeguate che sembrano di un’altra epoca, ma nessuno sembra più badarci: qualcosa di cui abbiamo smesso di discutere da molto tempo, per tacito consenso. E per stanchezza.
Parliamo poco tra noi. Gli occhi sono opachi, assenti. Ci sono cavalli morti ovunque, alcuni sono ancora attaccati al loro carro.
E senza più vita rimangono anche tanti compagni, con lo sguardo di pietra e i denti di fuori, coperti dal bianco che si ammucchia, come una didascalia del vento gelido che non smette di soffiare. Li vedi da lontato fare un’ultima breve danza sulle proprie gambe e poi adagiarsi morbidi come una foglia caduta da un albero. Quando succede dico in testa Ave Per Te, non so dire da chi l’abbia sentito, ma è la forma più vicina alla preghiera che riesca a formulare. Nelle nostre teste lo diciamo tutti.
Ogni tanto un declivio mostra la processione di chi è avanti: il ritratto di una solitudine che si moltiplica per il numero di elmetti visibili. Le nostre barbe lunghe, le labbra tumefatte, le orecchie appese come due marmi affilati. Stiamo tornando a casa.
Ma intanto moriamo.

Mi sveglio alzandomi dal sogno piano piano. Per un attimo non so dove mi trovo. Stacco il mio corpo irrigidito da quelle immagini come se fosse un adesivo. Ho in testa una canzone. Ne canto qualche parola, non ricordandola tutta a memoria. Mentre preparo il caffé premo play sull’ipod. E parte proprio quella. Beh, è un disco che sto ascoltando molto in questi giorni, quindi ho poco da sorprendermi: probabilmente era nella playlist precedente. Ma qualcosa sta iniziando ad illuminarsi nel sole che oggi abbellisce Bologna. Respiro, stringo la macchinetta ed accendo il fuoco. I miei piedi nudi sul pavimento. Ho un brivido di freddo. Sento qualcosa. Faccio altri collegamenti. Allora prendo lo smartphone, quasi certo di quello che sto per trovare. Digito, cambio qualche parola chiave ed alla fine arriva. Il bollettino numero 29. Quello con cui Napoleone preparava il terreno per descrivere le cause del ritiro delle truppe sopravvissute alla disastrosa campagna di Russia.

Era il 2 Dicembre del 1812.
Esattamente cento anni fa.
Non ho la minima idea di come tutto ciò sia finito nel mio sogno.
Ma è da stamattina che dentro di me ho delle sensazioni davvero strane e indescrivibili.

I commenti sono chiusi.