La macchinetta è calda.

La macchinetta è calda.

Quando la sveglia suona sono sull’ultimo gradino, all’ultimo piano di casa. È ancora presto, la luce in camera dei miei è spenta. Mio padre invece è già in piedi. Lo trovo affacciato a guardare il mare. Quando mi vede nota qualcosa di strano e mi chiede se sia tutto a posto. Sì, o quasi, rispondo. Parliamo di alcune cose. Del tempo, del mio lavoro, della mia partenza. Lontano, una barca scivola silenziosa sull’acqua. Il cielo è ancora grigio ma più che minaccioso appare svogliato. Teniamo bassa la voce per non svegliare mia madre. Nella scia della barca si trascina un ricordo. Stavo pensando -dice- a quella volta in cui andammo a provare il motore della barca… Fa una pausa e si concede una risata d’interpunzione. So a cosa si riferisce ed annuisco. Eravamo usciti in mare a provare il motore che era stato mandato a riparare. Ma già che eravamo lì, in quel tardo pomeriggio di settembre, calammo in mare le lenze da traino. In poco più di mezz’ora abbiamo tirato a bordo non so quanti tra tonnetti e caponi. Soprattutto io sembrava avessi la mano fortunata. Quella fu la mia ultima volta. Da allora non ho più voluto saperne di pesca. Ne avevo preso troppi. E quel loro salutare la vita, colorando di oro i loro ultimi salti è stato il loro modo di chiedermi di non farlo più. In fondo, era stato buffo. Con tutte le barche che vedendoci provavano a seguirci. Ed è stato anche un piacevole momento di calma. Ma in qualche modo, da quel giorno qualcosa è cambiata dentro di me.
Rientriamo in casa. Lui scende al piano di sotto io mi avvicino meccanicamente alla macchinetta del caffè. La alzo, pesa. È ancora un po’ tiepida. Nella stanchezza che accompagna il mio risveglio di stamattina trova spazio un pizzico di stupore: non ricordo di aver mai visto mio padre preparare il caffè, nemmeno per sé stesso. Lo bevo, spostandomi di nuovo in terrazza, tenendo d’occhio l’orologio: sono rimasti solo pochi minuti prima di dover uscire. L’aria è fresca. Mando giù l’ultimo sorso. Rispondo dicendo “Grazie papà” alla domanda che arriva proprio in quel momento: era buono il caffè che ti ho preparato?
Sì, era buono.
Controllo ancora una volta che ora sia, poi prendo una camicia dai panni stesi ad asciugare e mi preparo ad uscire con lui ben sapendo che sarebbe stata una giornata difficile.

I commenti sono chiusi.